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Immagine del redattoreBeatrice Arizza

Il musicista freelance

È più bello fare un post in un bel Teatro dove suono, raccontando di una bell'esperienza o di un bel concerto.

Ma il retroscena? Chi lo racconta quello?

A volte negli interminabili viaggi in treno mi capita di incontrare persone interessate all'ingombrante amico che mi porto dietro, circondata da bagagli. Queste persone mi domandano con interesse, e mi rendo conto che hanno un'idea completamente distorta della realtà.



"Che bello lavori con la musica!"

"Viaggi per il mondo suonando!"


Per carità, non nego che queste affermazioni siano vere.

Sono vere! Ma del resto? Se ne parla? Si conosce abbastanza?


Noi musicisti freelance facciamo su e giù, viaggiando a qualsiasi orario del giorno e della notte, mangiando ad orari improbabili (quando capita, o quando ci viene concessa una pausa), dormiamo quando si può, chiediamo ospitalità in giro come nomadi perché quasi nessuno ci riconosce nel cachet la spesa spesso necessaria dell'alloggio, corriamo a destra e a sinistra pur di incastrare tutti gli impegni che ci vengono richiesti, provando in tutti i modi ad organizzarci in compagnia pur di risparmiare qualche soldino, perché sì: qualcuno ve l'ha mai detto che siamo molto sottopagati rispetto alle ore di lavoro che facciamo?

E per lavoro si intende anche lo studio a casa necessario e i viaggi obbligati per raggiungere i vari luoghi. Ecco perché incastriamo anche molto spesso più produzioni nella stessa giornata: è l'unico modo per tirarsi fuori uno stipendio!


Per non parlare delle vacanze o banali weekend: difficile ritagliarsi del tempo per sé quando ti senti costretto a dover accettare tutto il lavoro che arriva, quando c'è, finché c'è..!

Perché gli arretrati sono tanti, e aspettare i pagamenti è il nostro sport preferito.

Capita di dover accettare di tutto, anche condizioni di lavoro improponibili, lavorando con persone a volte molto poco professionali, che non rispettano la tua professionalità e la tua buona fede o non apprezzano o valorizzano il tuo impegno e la tua dedizione. Capita anche questo, sì.


Vuoi fare il musicista? O ti vinci un posto stabile in un Teatro sposando tutto il sistema di competizione e selezione durissima che ci sta dietro (accettando inesorabilmente che l'arte deve passare da un insindacabile giudizio che sancisce se tu puoi o non puoi lavorare di musica, e purtroppo sai che questo è l'unico modo che hai per essere tutelato sul luogo di lavoro), oppure fai una scelta: continui a correre di qua e di là inseguendo ciò che ti fa stare bene, ciò che ti rende felice, ovvero suonare, accettando però di essere targato come "marchettaro", che nel pensiero comune è uguale a "musicista fallito".

Ah, anche questo non lo sapevate? Sarete stupiti di conoscere questo lato triste della nostra bolla idilliaca in cui diciamo sempre di fare il mestiere più bello del mondo solo perché abbiamo il privilegio di vivere le nostre giornate attraverso gli occhi di geni quali Mozart, Beethoven, Verdi, ecc.


Ah, adesso che sapete anche questo lato della medaglia vi verrà ancora da sorridere ad un musicista incontrato per caso in una qualsiasi stazione?

Forse meglio un sorriso di supporto, di aiuto, di comprensione, e di dispiacere.


Ecco che può nascere spontanea la scelta di provare ad entrare in qualche graduatoria, tentando di stabilizzare la propria vita all'interno di una realtà lavorativa più consolidata e sicura.

Ma faccio una riflessione sull'intenzione con cui si fa una scelta come quella dell'insegnamento.

Lo so bene che conciliare insegnamento e attività concertistica è possibile, sono stata anch'io allieva di insegnanti concertisti! Ma quanto è triste sapere quando la scelta di insegnare è dettata solo da un desiderio di avere uno stipendio ed una stabilità.

Insegnare dovrebbe essere anche una vocazione, ci dovrebbe essere la voglia vera di farlo con impegno e dedizione! Non è detto che tutti i musicisti abbiano l'interesse o la passione o la pazienza di coltivare anche questo aspetto della vita musicale che è insegnare: è un'attività che viene spiegata in corsi di pedagogia appositi, proprio perché merita un percorso appassionato tanto quanto quello musicale.

Essere un bravo musicista non è quasi mai sinonimo di essere necessariamente un bravo insegnante.

Occorrono anche molte altre qualità e predisposizioni.

Gli insegnanti quando non scelgono questa direzione di vita solo per "convenienza", ma seguono un percorso specifico e specializzato sono ormai rari, e una preziosissima risorsa di cui essere orgogliosi.


Quello che temo è che le mie parole non avranno mai l'impatto che cerco, che vorrei, al quale auspico, e dal quale possa partire un reale cambiamento.

Credo che anche molti musicisti, colleghi, che sanno benissimo di cosa parlo, che sanno che ciò che scrivo corrisponde al vero, siano impauriti - perché lo siamo tutti - di essere targati come "troppo rigidi", "rompipalle sul posto di lavoro", "troppo lamentosi", "poco flessibili".

Paura di non essere più chiamati.
Paura di non ricevere più lavoro.
Paura di far veicolare male il proprio nome e la propria immagine.

E pensate: tutto questo solo perché si descrive il vero!

Io questo appellativo ormai me lo sono già guadagnata in molti ambienti, quindi la paura non mi governa più!


Corro il rischio: io racconto il vero. E tu?


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